Com’è vivere un’esperienza di realtà virtuale? Cosa si prova? Questo il quesito a cui ha risposto il protagonista di un’esperienza immersiva di gioco a 360 gradi, raccontata in un articolo pubblicato su Wired, di cui prendiamo spunto per questo articolo.
Com’è vivere un’esperienza di realtà virtuale?
Il protagonista dell’esperienza parla di un coinvolgimento talmente elevato da essere in alcuni casi, persino troppo e descrive quanto ha vissuto così:
“A un certo punto mi sono trovato armi in pugno e in bilico su una balconata. Sotto di me, i nemici prendevano la mira per colpirmi e io, ben attento a non cadere dalla balconata, facevo del mio meglio per difendermi. Solo una volta terminato il livello mi sono reso conto di una cosa ovvia: io non posso cadere da questa balconata. Fisicamente, infatti, mi trovo nel soggiorno di casa mia con indosso un visore per la realtà virtuale (nello specifico, Oculus Quest). A quel punto, ho iniziato a camminare verso il confine della balconata. Sarei caduto o avrei camminato nell’aria? In questo caso, la risposta era la seconda, ma l’aspetto più importante è un altro: prima di mettere i piedi nel vuoto ho esitato, come se non fossi del tutto convinto che, effettivamente, non stessi correndo nessun rischio.”
Si tratta di un classico esempio di dissonanza cognitiva causata da un’esperienza immersiva di realtà virtuale. In pratica una parte del cervello, quella più razionale, comprende di non essere in pericolo; quella più istiniva, però, percepisce l’esperienza e le sensazioni derivanti come reali ed in base a queste reagisce. Meccanismi complessi ed elaborati che meriterebbero un approfondimento a parte, quelli riguardanti le percezioni sensorali del nostro cervello rispetto alla realtà virtuale. Quello che accade potrebbe essere sommariamente descritto come una normale risposta cerebrale ad un evento (di pericolo nel caso sopra-descritto), poichè l’esperienza immersiva ha la prerogativa di riprodurre scenari reali, se pur ipotetici, senza dare adito a nessuna sensazione di finzione a chi la vive e per tale ragione il cervello umano risponde attivandosi in modo ‘reale’.
Le percezioni sensoriali umane sono ben note a chi sviluppa applicazioni di gioco in realtà virtuale e proprio sulla base del loro funzionamento punta a creare esperienze in grado di fare leva emotiva sul protagonista, attivando in lui, il più possibile, emozioni reali. Questo il caso del gioco Richie’s Plank Experience che, prevede proprio di salire in cima a un grattacielo e provare a camminare in linea retta su un’asse di legno che sporge nel vuoto. Se non si mantiene l’equilibrio si cadrà nel vuoto in caduta libera. Quello che ne consegue sarà un’attivazione cerebrale e fisica ‘preparandosi all’impatto’ (si chiuderanno gli occhi, si rannicchieranno gli arti e il battito accellererà). Tali reazioni sono, chiaramente enfatizzate durante le prime esperienze immersive di realtà virtuale ed andranno ad attenuarsi con la ‘pratica’, anche se ripetiamo che il grado di immersione offerto dagli headsets di ultima generazione cresce a ritmo esponenziale con gli sviluppi della tecnologia e vi assicuriamo che anche i neofiti della realtà virtuale spesso restano sorpresi da quanto un’esperienza immersiva nuova sia in grado di coinvolgerli totalmente. Un’esperienza di realtà virtuale non si potrà mai comprendere a pieno se non vivendola in prima persona. Nessuna tecnologia di videogioco esistente e provata ad oggi può avvicinarsi a quanto la realtà virtuale è in grado di far provare. Quello che un’esperienza di realtà virtuale aggiunge alla classica esperienza di gioco/simulazione (per quanto dettagliata questa sia) è la mancanza totale di barriere, di ostacoli percettivi, di mediazioni fisiche e/o percettive; la realtà virtuale si contraddistingue per una caratteristica intrinseca, da cui prende anche il nome, ovvero la realtà che è lo spazio virtuale in cui si vive un’esperienza diretta. Imparagonabile a qualsiasi videogioco classico.
“Il livello di immersione che si raggiunge è tale che, nel momento in cui ci si leva il casco, la sensazione è di venire teletrasportati di nuovo nel mondo reale: “Bentornato in casa tua, tutto bene?”.
Com’è vivere un’esperienza di realtà virtuale? La realtà virtuale sarà il futuro dei videogiochi?
Fatte tali considerazioni verrebbe da pensare che tale tecnologia debba, per forza e nell’immediato, aver riscosso successo commerciale, perlomeno tra gli appassionati di tecnologia e videogiochi. Dalla sua introduzione sul mercato, però, la realtà virtuale ed i visori (ci riferiamo principalmente ai visori vr sviluppati a scopo videoludico da Oculus, di proprietà di Facebook, come Sony, Htc, Lenovo) necessari alla sua fruizione, hanno incontrato non poche difficoltà ad affermarsi tra il pubblico di massa.
Un andamento in contro-tendenza, per assurdo, rispetto al trend di crescita esponenziale del mercato dei videogiochi classici, che è avanzato con un +11% su base annua. A cosa è stato dovuto? Le cause ipotizzate sono di varia natura. Il principale aspetto a frenare lo sviluppo commerciale degli hardware vr è stato sicuramente il costo. Oggi tale limite è stato ampiamente abbattuto, poichè lo sviluppo tecnologico ed il suo perfezionamento sono cresciuti in modo inversamente proporzionale rispetto al suo costo di mercato, rendendo i visori accessibili a chiunque. Se i primi headset vr potevano richiedere una spesa che andava tra i due e i tre mila euro per una postazione vr discreta (considerando il fatto che i visori richiedevano di essere collegati ad un computer di elevate prestazioni), oggi è possibile installare tale tecnologia nelle case di chiunque con una spesa dimezzata se non addirittura inferiore. Permetteteci di dire, come esperti, che si tratterebbe in ogni caso di cifre per nulla elevate se rapportate al livello di tecnologia di cui si entrerebbe in possesso e delle potenzialità che una tale strumentazione offrirebbe.
Oltre all’abbattimento dei costi dei dispositivi hardware si è superato anche il vincolo che li vedeva funzionanti solo in associazione ad un computer. Molti ostacoli stanno venendo rapidamente superati. I nuovi visori sul mercato sono sempre più spesso del tipo stand-alone: non devono cioè essere collegati a un computer per funzionare, riducendo notevolmente i costi complessivi e liberando anche le possibilità di movimento (non essendo più collegati a un filo). Il più noto è probabilmente lo stesso Oculus Quest.
Quali sono le previsioni commerciali per il mercato della realtà virtuale?
Tra potenzialità e ostacoli, quali sono allora le previsioni commerciali della realtà virtuale: riuscirà davvero a mantenere le aspettative? Secondo alcuni esperti, le migliorie da apportare sono ancora numerose, tanto che non ci si attende un vero boom se non nel giro di qualche anno. Il fatturato di questo settore continua comunque a crescere: nel 2018 ha raggiunto i 3,3 miliardi di dollari, +30% rispetto all’anno precedente. Nel complesso, le vendite dei visori dovrebbero passare dai 4,6 milioni del 2018 agli oltre 6 milioni del 2019, con una crescita costante che dovrebbe arrivare, secondo i dati di Futuresource Consulting, fino a 98,4 milioni entro il 2023.
Un percorso lungo e con non poche difficoltà, come abbiamo spesso raccontato nei nostri articoli, quello che vuole arrivare all’affermazione della realtà virtuale, ma stando a quanto previsto e guardando a ritroso lo sviluppo sia tecnologico che commerciale avuto negli ultimi anni, siamo certi di poter dire che ci siamo. Il mercato video-ludico è finalmente maturo al pari della tecnologia. Questo non può che farci dire che sì, il futuro dei videogiochi sarà la realtà virtuale. Noi di NoleggioVR, attraverso la nostra casa madre Visualpro 360, ci dedichiamo da anni a progettare e produrre soluzioni vr complete per il business ed il marketing e siamo testimoni attraverso i NOSTRI PROGETTI, di quanto una soluzione immersiva di tale livello riceva riscontro dal pubblico che ne fruisce.
Esperienze più o meno ludiche e dal grado di immersione ed interazione variabile e personalizzabile, ma sempre uniche, in grado di coinvolgere e dall’assicurato effetto woow.
Quando l’aspetto ludico, poi, va a creare commistioni con progetti edu come nel caso dell’App DA VINCI’S MYSTERIOUS GEARWORKS, ci sentiamo di dire che trattiamo una tecnologia potenzialmente infinita, in cui l’unico limite è la fantasia.